Un confine sulla sabbia

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  1. Daniele Rizzo2
     
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    È primavera. Il cielo luminoso, azzurro; gli alberi con grandi chiome; le prime margherite nei prati. Tutto è in contrasto con ciò che sta succedendo dentro di me.
    Ho paura di farmi troppe illusioni per poi rimanere delusa. Ma allo stesso tempo ho paura di mostrare questa mia paura. Cerco di mascherarla in ogni modo; senza riuscirci. Passo così tanto a provarci, però, che mi dimentico di provare ad essere soltanto me stessa.
    E così mi chiudo in me stessa senza volerlo. Vorrei riuscire ad aprirmi e quindi aspetto. Aspetto che qualcuno venga da me e mi dia un buon motivo per farlo. Aspetto che qualcuno mi dimostri che lui non mi deluderà.
    Vorrei tanto che la colpa sia di qualcun' altro. Che il problema siano gli altri, non io. Ma so perfettamente che non è così. Capisco perché agli altri non piaccio. Anche io odio la me stessa chiusa agli altri. La me stessa che osserva gli altri e cerca di capirli, invece che andare li da loro e scoprirlo. Invece rimango qui, intrappolata nei miei pensieri. Ho tracciato un confine sulla sabbia intorno a me e aspetto solo che il mare la venga a spazzare via
    Cammino verso casa evitando lo sguardo dei passanti. Questa volta decido di deviare per una pista ciclabile in mezzo ad un parco. Lo faccio quasi senza pensare. Magari la primavera potrebbe entrare anche dentro di me. Qui, però, affiorano i ricordi.
    Il ricordo di bambini che raccolgono le more in piena estate. Quelli più grandi che aiutano i più piccoli a raggiungere i rami più alti prendendoli sulle spalle.
    Il ricordo di bambini che saltano dalla sponda ad un altra di un fiumiciattolo largo circa un metro. Ed io che con gli occhi luccicanti di ammirazione li imito cadendoci dentro.
    Il ricordo di bambini che si arrampicano su un albero. Ed io che per anni provo a raggiungerli fino in cima aiutata un po' da tutti, ma mi arrendo per la paura di cadere. Finché non ci riesco anche io.
    Il ricordo di bambini che mi tengono in equilibrio sulla bicicletta; attenti a non farmi cadere. Finché non ci riesco da sola.
    Il ricordo di bambini che mi avevano cresciuto come dei genitori; ma che erano anche cresciuti con me come fratelli.
    Il ricordo di ragazzi, non più tanto bambini, che non mi salutano più per strada perché loro sono i grandi e io sono solo una bambina.
    Ma tutti i ricordi sono sfocati e l'unica cosa che ricordo con certezza sono i nostri sorrisi. O forse sono solo io ad immaginarli quando chiudo gli occhi.
    A volte mi chiedo se tutto sia davvero reale. Se tutto sia accaduto veramente. Se tutto sia stato realmente bello come l'ho sempre immaginato, o se è stata la mia immaginazione ad inventare tutto; come per convincermi che nella mia vita ci sia stato un momento in cui sono stata davvero felice. Quella felicità spensierata che solo durante l'infanzia si può vivere. Quella felicità che gli altri ti fanno credere di provare perché sei piccola.
    Sono stati loro la mia prima delusione. La delusione che mi ha portato ad essere ciò che sono.
     
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0 replies since 11/3/2016, 15:58   46 views
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